Aggressioni con l’acido, NESSUNO AFFIDAMENTO della coppia Andrea Magnani

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    L’entità della pena residua era compatibile con la concessione della misura alternativa alla detenzione, la relazione del carcere era positiva e il sostituto pg Nicola Balice aveva dato parere favorevole. Non può uscire, però, per andare in affidamento in prova, Andrea Magnani, arrestato nel 2015 e condannato a 8 anni e 9 mesi per le aggressioni con l’acido a Milano come complice della coppia Alexander Boettcher-Martina Levato. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Milano.

    I legali del 37enne, gli avvocati Andrea Etteri e Guido Guella, dopo la decisione arrivata a fine gennaio (si è appresa oggi), hanno già depositato ricorso in Cassazione contro il provvedimento del collegio presieduto da Anna Pancaro. In una relazione del carcere di Monza, dove Magnani è ancora detenuto, si dava, come si legge nel documento, “parere favorevole alla sua ammissione” all’affidamento in prova ai servizi sociali, perché “gli consentirebbe di fare esperienze risocializzanti, di riprendere a frequentare l’Università con maggiore libertà di movimento” e di “riprendere a coltivare la relazione affettiva con i genitori”. In più, a Magnani restano da scontare meno di tre anni (il fine pena scatta nell’ottobre 2022) e, dunque, aveva una pena residua compatibile con l’istanza di affidamento. Il pg Balice, poi, in udienza il 23 gennaio, aveva dato l’ok alla misura alternativa al carcere con “eventuali prescrizioni relative all’obbligo di seguire un percorso al Cps”, ossia in un centro psico-sociale.

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    I giudici, però, hanno rigettato la richiesta perché, da quanto si è saputo, per Magnani si rende necessario sì un percorso coi servizi psico-sociali, ma per ora deve restare in carcere e lì dovrà seguirlo. Un altro degli elementi per ottenere l’affidamento, tra l’altro, è il fatto che la misura alternativa al carcere deve essere idonea ad escludere “il pericolo di recidiva”, ossia di commissione di altri reati. Nel caso di Magnani, da quanto si è saputo, per i giudici manca questo elemento. La cosiddetta “coppia diabolica” dell’acido nel 2014, con l’aiuto di Magnani, sfregiò Pietro Barbini, ex compagno di scuola di Martina, Stefano Savi, per un errore di persona, mentre Giuliano Carparelli riuscì a salvarsi. La coppia agiva nell’intenzione di ‘purificare’ Martina dalle sue precedenti relazioni (c’era anche un tentativo di evirazione di un altro ragazzo tra i fatti contestati). Levato è stata condannata dalla Cassazione a 19 anni e 6 mesi, mentre Boettcher a 21 anni.

    Andrea Magnani “appare oggi consapevole” delle sue “fragilità”, ha “riconosciuto la gravità dell’illecito commesso”, anche se è “incapace di percepirsi come vittima soggettiva dei correi”, ossia la coppia ‘diabolica’ delle aggressioni con l’acido Alexander Boettcher-Martina Levato. E a lui devono essere concesse “celermente” misure alternative alla detenzione, “perché ha necessità ed urgenza di essere favorito nel ripristino dei legami familiari, affettivi e sociali”. Così hanno scritto gli esperti dell’equipe del carcere di Monza nelle relazioni agli atti del Tribunale di Sorveglianza di Milano. Nelle relazioni si legge che Magnani, il quale da amico e succube di Boettcher aiutò la coppia nei blitz con l’acido, in carcere si è iscritto al corso di laurea in Relazioni internazionali dell’Università Bicocca con buoni risultati (prima di finire in carcere 5 anni fa lavorava in banca) e si è sempre comportato bene nella casa di reclusione. Per gli esperti, poi, Magnani avrebbe dovuto usufruire di permessi premio (mai concessi e ancora in valutazione) e presenta alcune fragilità: “personalità schiva, con tratti di dipendenza molto marcati” che lo “porta a non immaginare per sé un percorso di reinserimento”. Per “l’azione compiuta – si legge ancora – di cui riconosce la gravità, non si percepisce come persona meritevole di benefici”. Stando alle relazioni del carcere, dunque, il 37enne, che ha anche manifestato la sua “volontà” di “risarcire” le vittime degli agguati, avrebbe bisogno di “supporto terapeutico” in un centro psico-sociale e allo stesso tempo di uscire dal carcere. I giudici, invece, hanno valorizzato la necessità del supporto psico-sociale per arrivare a decidere che Magnani non può ancora uscire.

     

    FONTE:REPUBBLICA.IT

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