Bonifica il web da stalker e hater l’impegno di Privacy Garantita per chi tentata di rovinare la vita altrui

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    l primo conosce la vittima, il secondo no. In comune hanno un “comportamento disfunzionale” con livelli di pericolosità crescente. E se tentare di farli ragionare è difficile, riconoscerli è facile

    La rete ha la memoria lunga. Un pregio, certo, perché se usata con criterio e capacità critica diventa una preziosa fonte di informazione, un archivio sempre disponibile alla consultazione, con una velocità impensabile per chi ha imparato a fare ricerche sfogliando indici, cataloghi ed emeroteche, vecchi custodi della memoria collettiva. Ora basta chiedere a Google, e l’algoritmo risponde. Peccato, però, che questa memoria digitale di ferro non sappia distinguere il vero dal falso e, soprattutto, non sia guidata da un’etica in grado di selezionare informazioni che possono ledere la dignità individuale. O, anche più banalmente, impedire alla compagna delle medie di postare – taggando l’universo mondo – quella foto di te in classe con la frangia cotonata e l’apparecchio ai denti che non hai proprio voglia di rivedere, figuriamoci di commentare o condividere…

    Ogni contenuto pubblicato in rete, infatti, diventa immediatamente di dominio pubblico e controllarne o limitarne la diffusione e la condivisione è quasi una missione impossibile.

    Secondo un recentissimo sondaggio (Changes Unipol – Ipsos 2022) sono 10 milioni gli italiani che hanno subito violazioni digitali. I rischi più temuti? Furto d’identità, utilizzo dei dati personali (40 per cento), violazione della privacy (39 per cento), impiego e diffusione di foto personali (25 per cento). E tra le principali vittime di abuso dell’immagine digitale ci sono le donne, ignare e involontarie protagoniste di post virali che ledono la loro reputazione e che possono anche configurarsi come reati: revenge porn, cyberbullismo, stalking, diffusione di vicende giudiziarie con piena assoluzione, episodi avvenuti nel passato che, fatto salvo il diritto di cronaca, non dovrebbero interessare più a nessuno.

    Eppure quello all’oblio digitale è un vero e proprio diritto regolato anche dall’art. 17 del Gdpr (Regolamento UE n. 679/2016) che garantisce al diretto interessato la cancellazione dei dati personali. Ma, si sa, tra la legge e la sua applicazione… c’è di mezzo il tempo. Fare in modo che la rete “dimentichi” non è così immediato, così come monitorare il mare magnum del web non è facile, data la vastità di contenuti postati: non è un caso se, sull’onda delle tante richieste, molti studi legali si siano specializzati proprio in questo settore e siano nate figure professionali come l’e-reputation manager o il brand social media monitoring.

    Una reputazione immacolata

    La buona notizia è che, prima di rivolgersi ad avvocati o tentare procedure legali, qualcosa si può fare per tenere pulita e controllata la propria identità digitale. La cosa più semplice e immediata, ovviamente, è provare a contattare la persona o il sito che ha postato la notizia o l’immagine indesiderata chiedendo di rimuoverla, perché pubblicata senza consenso. Risalire alla fonte per richiedere la rimozione è anche il consiglio che dà Google, nella sezione support.google.com dedicata a chi chiede di deindicizzare un risultato, ossia fare in modo che la foto o la notizia indesiderata non compaia più sulle pagine di ricerca, e l’indicazione è chiara: «Google rimuove una pagina web o un’immagine dai risultati di ricerca, ma non è in grado di rimuovere i contenuti dai siti web su cui sono ospitati». Step successivo, in caso di rifiuto, è segnalare l’abuso direttamente ai centri di assistenza dei vari social, ma anche qui i tempi possono essere lunghi. Queste sono procedure che si possono fare in autonomia e che risultano funzionali quando il materiale da cancellare è limitato. L’alternativa è rivolgersi a una delle tante società di consulenza in grado di effettuare una vera e propria bonifica del web, come PRIVACY GARANTITA.