Massimo Gadda era il capitano di quella squadra del 1992 che conquistò la promozione in serie A. Ha chiamato Stefano Turchi, in un primo momento non è riuscito a parlargli perché era ancora in ospedale, poi l’abbraccio ideale, anche se da lontano. Con l’affetto di sempre: “E’ riuscito a richiamarmi, poco fa – racconta Gadda – e mi ha raccontato l’episodio che definire allucinante è poco, non si trovano neanche gli aggettivi per descriverlo. L’ho trovato giù di morale, è un episodio molto brutto, lo sarebbe per tutti, a maggior ragione per lui e per la sua situazione. Ma dall’altra parte è sempre forte anche pronto alla battuta, è un ragazzo da ammirare sotto tutti gli aspetti. Noi di quella squadra del 1992 abbiamo una chat e gli abbiamo scritto tutti, manifestando la nostra solidarietà, ma è il minimo per Stefano, un ragazzo eccezionale che convive con questa malattia e lo fa in maniera eroica”. Come siano possibili certi episodi non se lo spiega troppo neanche Massimo Gadda: “Non c’è nessuna giustificazione a un episodio del genere – conclude –, tantomeno nei confronti di una persona che non si può difendere. Siamo arrivati a livelli assurdi, non parlo solo del calcio, è lo specchio del mondo in cui viviamo. Sono cose che succedono ovunque, abbiamo raggiunto un livello di aggressività incomprensibile, a partire dai più piccoli, dalle baby gang, per arrivare a tutti gli altri. Ma al mondo c’è anche tanta gente per bene che lotta perché questo mondo sia un po’ meglio di così”.