Fascisti prima e dopo

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    Ci sono molti tipi di fascismo e fascisti. Un grande regime di massa che abbraccia tante anime poteva avere varie sfumature ideologiche. Talvolta anche molto differenziate tra loro.

    Ma sicuramente i fascisti si possono storicamente inquadrare, aldilà dei sansepolcristi o dei primi aderenti, in due macro categorie: quelli che furono fascisti nel periodo che va dal 28 ottobre 1922 al 25 luglio 1943 e quelli che furono fascisti dopo quella data.

    C’è chi lo fu in ambedue momenti.

    Ma il numero di costoro è molto più esiguo, di quelli che furono fascisti prima e antifascisti dopo. Tanti che erano stati zelanti fascisti prima, magari anche soprattutto per ragioni di interesse diretto e carriera, si affrettarono, per le stesse ragioni, dopo la caduta del regime a mostrarsi i più ferventi antifascisti.

    Furono in molti a rifarsi la verginità politica cercando di smarcarsi completamente dal regime.

    La gran parte di quelli che andò a Salò invece, magari nel regime aveva rappresentato spesso un elemento di fronda. Ma si trovò accollata la responsabilità storica di tutti gli eccessi non solo quelli che avvennero in seicento giorni di Repubblica Sociale ma anche nel ventennio.

    Vendetta e riconciliazione

    Chi resistette fino all’ultimo, assunse anche le colpe di chi aveva abbandonato una barca che andava a fondo.

    Altra divisione tra i fascisti repubblicani era quella tra i cosiddetti duri e puri che faceva capo ai gerarchi come Pavolini, Ricci e volevano vendetta e quelli che cercavano una riconciliazione nazionale.

    I secondi erano ancora scioccati da quanto avvenuto l’8 settembre e speravano in una riconciliazione nazionale.

    Idealmente rappresentati da un uomo che non prese unitario politico di primo piano ma aveva una grossa autorevolezza di fondo il filosofo Giovanni Gentile che auspicava la formazione di un grande fronte nazionale, dove tutti gli italiani avrebbero lavorato insieme per ricostruire la patria.

    Ci fu addirittura il caso del Federale di Ferrara Ghisellini che cercò un ardito accordo con gli antifascisti.

    Comunisti e fascisti più intransigenti ebbero sempre un atteggiamento feroce nei riguardi di quell’ala moderata del Fascismo che cercava la riconciliazione nazionale infatti Ghisellini e Gentile verranno ambedue assassinati tra i primi.

    Mussolini preferiva i conciliatori, anche avendo ritrovato le proprie origini socialiste, ma non riuscì ad arginare la parte reazionaria. Addirittura Mezzasoma, in qualità di ministro della cultura popolare, vietò ai giornali di fare qualsiasi accenno ad appelli per la pacificazione tra italiani. Il tutto quando paradossalmente lo stesso Benito Mussolini nel suo primo discorso a Radio Monaco aveva parlato nel senso della conciliazione e promesso di fare del lavoro il soggetto centrale, il fondamento dell’economia dello Stato.

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