Il ddl Zan, spiegato articolo per articolo

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    L’obiettivo della proposta di legge è estendere la norma sui reati d’odio a discriminazioni verso la comunità lgbt+, le donne e le persone con disabilità

    Foto: Getty Images
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    Le polemiche attorno al disegno di legge Zan per il contrasto all’omolesbobitransfobia, alla misoginia e all’abilismo – ossia, rispettivamente, gli atteggiamenti discriminatori verso la comunità lgbt+, le donne e le persone con disabilità – hanno creato molta confusione su cosa effettivamente dica il ddl. La Lega, che in Senato esprime il presidente della commissione presso cui la proposta, già approvata alla Camera, è incardinata, Andrea Ostellari, autonominatosi relatore del testo, dice di voler intervenire sul documento. In realtà il ddl Zan (dal cognome del primo firmatario, il deputato Alessandro Zan, ospite del prossimo appuntamento del Wired Next Fest) è abbastanza chiaro e il suo obiettivo è di estendere la portata della normativa già esistente sui reati d’odio ad attacchi e comportamenti dovuti all’orientamento sessuale, al genere e all’identità di genere.

    Le modifiche richieste in sintesi

    Sono tre le principali modifiche alla normativa già esistente richieste dal ddl Zan. La prima riguarda l’aggiunta dei reati di discriminazione basati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità all’articolo 604-bis e 604-ter del codice penale, che puniscono l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi “razziali, etnici, religiosi o di nazionalità”.

    La seconda modifica riguarda l’articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa”. Attualmente l’articolo contiene solo la specifica relativa all’odio razziale. Mentre il ddl Zan prevede di aggiungere le parole “fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. L’ultima modifica riguarda il decreto legislativo del 9 luglio 2003, numero 215, sulla parità del trattamento degli individui indipendentemente dal colore della pelle o dalla provenienza etnica, al quale aggiunge alcune misure di prevenzione e contrasto delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

    Gli articoli

    Il ddl Zan è composto da 10 articoli, di cui i primi sei riguardano l’ambito penale e gli altri quattro introducono alcune azioni positive di intervento per prevenire e contrastare le discriminazioni.

    L’articolo 1 introduce e definisce i termini sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere, come suggerito dalla Commissione affari costituzionali, per evitare qualunque ipotesi di incostituzionalità della legge.

    L’articolo 2 pone sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità tra i moventi dei reati d’odio contenuti dell’articolo 604-bis del codice penale, diretto a tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza. In particolare è stabilita una multa fino a 6mila euro o la reclusione fino a un anno e 6 mesi per chi istiga a commettere atti di discriminazione fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità. Mentre per chi istiga o commette atti violenti, per le stesse motivazioni, è prevista la reclusione da 6 mesi fino a 4 anni.

    L’articolo 3 stabilisce come circostanza aggravante il commettere reati in ragione del sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima, tramite la modifica dell’articolo 604-ter del codice penale.

    L’articolo 4 è dedicato alla salvaguardia della libertà di opinione e di scelta, per tutelare la libertà di parola e recita “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ossia, la libertà di espressione non deve mai sconfinare nell’istigazione all’odio e alla violenza.

    L’articolo 5 riguarda prevalentemente alcune specifiche rispetto alle pene previste dagli articoli 604-bis e 604-ter. L’articolo 6 riporta le modifiche all’articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa” e il riconoscimento delle donne e delle persone Lgbtq+ come persone “vulnerabili” e quindi, potenzialmente vittime.

    Gli articoli dal 7 al 10 dispongono invece delle indicazioni positive. L’articolo 7 istituisce la data del 17 maggio come Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, per promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e contrastare pregiudizi e violenze. L’8 incarica l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali di elaborare una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni. Il 9 istituisce un fondo di 4 milioni di euro per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con l’istituzione di centri contro le discriminazioni. Infine il 10 prevede che l’Istat realizzi, almeno ogni tre anni, una rilevazione per descrivere lo stato delle discriminazioni e delle pratiche violente, e che serva come base per pensare e attuare politiche di contrasto.

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