
È di 60 milioni di metri cubi: questa la quantità di magma espulsa, in poco più di tre mesi, dal vulcano Etna, in Sicilia. È quanto emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv): i dati hanno indicato che si tratta di materiale eruttivo proveniente soprattutto da fontane di lava particolarmente energetiche, una modalità di emissione di magma diversa e in grado di sostituirsi alle più comuni e pericolose emissioni effusive di lava ai fianchi dell’edificio vulcanico. Inoltre, attraverso il rilevamento di micro-deformazioni del terreno, i ricercatori hanno potuto individuare anche i segnali precursori di una sequenza eruttiva. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Earth Sciences.
A caccia di deformazioni del terreno
Quando sta per avvenire un’eruzione vulcanica, oppure quando è già in corso, il movimento del magma all’interno dell’edificio vulcanico produce deformazioni del terreno circostante e dell’edificio stesso. Pertanto, rilevare queste deformazioni diventa di fondamentale importanza per interpretare i fenomeni eruttivi in corso, ma non solo.
Attraverso strumenti a elevata sensibilità in grado di registrare anche micro-deformazioni, è possibile evidenziare i possibili segnali precursori dell’avvicinarsi di un’eruzione, oltre a migliorare la comprensione dei meccanismi eruttivi. Nelle aree vulcaniche gli strumenti più utilizzati a questo scopo sono i dilatometri da pozzo, tubi cilindrici riempiti di materiale fluido che vengono calati in profondità nel terreno, a contatto con le pareti rocciose dell’edificio vulcanico: grazie alla variazione del livello di fluido all’interno dello strumento, si può avere una stima molto precisa della deformazione del terreno che accompagna il risveglio dell’attività vulcanica.
I ricercatori dell’Ingv sono partiti da qui per comprendere meglio l’attività vulcanica dell’Etna, uno dei vulcani più attivi del mondo. In particolare, le emissioni del vulcano siciliano sono principalmente caratterizzate da eruzioni effusive che fluiscono ai lati del vulcano, e che sono in grado di produrre da decine a centinaia di milioni di metri cubi di colate laviche. Negli ultimi venti anni, però, l’Etna sta mostrando anche un’attività eruttiva caratterizzata da fontane di lava, ovvero eventi che si ripetono in breve tempo in cui getti di lava fluida vengono espulsi in maniera esplosiva da gas in espansione che fuoriescono dall’edificio vulcanico.
Etna, non solo colate laviche
“Nei vulcani a condotto aperto come l’Etna – spiega Alessandro Bonaccorso, primo autore dello studio – una sfida importante è quella di rilevare e interpretare le variazioni di energia anche ultra-piccole associate a eventi minori ma critici, come le fontane di lava. Questo obiettivo è potenzialmente raggiungibile con registrazioni di deformazioni di estrema precisione indotte nell’edificio vulcanico e rilevabili, anche a distanze di diversi chilometri dall’area del cratere, dai dilatometri installati in perforazioni profonde a centinaia di metri di profondità. Nei quattro mesi considerati la rete di dilatometri dell’Ingv installata sull’Etna ha registrato precise variazioni”.
I dilatometri, monitorati dal 13 dicembre 2020 al 31 marzo 2021, hanno registrato micro-deformazioni del terreno che, confrontate con i dati sismici della fine del 2020, hanno permesso di rilevare lo spostamento di magma in superficie che ha anticipato l’inizio di una sequenza eruttiva, e in particolare, di emissioni di magma attraverso fontane di lava. Grazie a questi dati è stato possibile valutare i parametri che possono fornire informazioni su come valutare una sequenza eruttiva simile, allo scopo di prevedere quando si attenuerà.
Oltre a ciò, grazie alle rilevazioni ad alta sensibilità dei dilatometri, è stato possibile anche stimare, nel periodo considerato, quanto magma è effettivamente fuoriuscito dall’Etna (60 milioni di metri cubi), dimostrando che effettivamente una buona parte della sua attività eruttiva è dovuta alle fontane di lava. “Questi elementi evidenziano come il bilancio tra il materiale accumulato e quello eruttato possa avvenire anche attraverso sequenze di numerose fontane di lava che, quindi, rappresentano un’efficace modalità di emissione di magma in grado di sostituirsi alle più pericolose e tradizionali eruzioni sul fianco del vulcano”, conclude il ricercatore.
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