Secondo la Cassazione, chi cambia sesso può scegliersi il nuovo nome: diritto all’oblio ha consentito ad Alessandro di diventare Alexandra

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    Gli ermellini hanno consentito ad Alessandro di diventare Alexandra, e non Alessandra come aveva sancito la corte di Appello di Torino secondo cui doveva acconternarsi del nome “derivante dalla mera femminilizzazione del precedente”

    ROMA. Alessandro ha cambiato sesso, e il nuovo nome potrà sceglierlo lei. Lo ha deciso la Cassazione assicurando un diritto che non era affatto garantito, fino a ieri: era consentito solo declinare il proprio nome, maschile o femminile che fosse, nella sua versione opposta. Alessandro, per esempio, dopo aver cambiato sesso in Sardegna si sarebbe dovuto chiamare Alessandra, ma voleva un nome diverso e aveva scelto quello di Alexandra. La Corte di Appello di Torino aveva sancito che non ne avesse il diritto.

    Per la Cassazione, che ha dato ragione ad Alexandra, chi cambia sesso ha diritto a scegliersi un nuovo nome senza accontentarsi del cambio di desinenza – dal maschile al femminile o viceversa, a secondo della transizione sessuale – di quelle avuto alla nascita. Per la Cassazione il nome è “uno dei diritti inviolabili della persona”, un “diritto insopprimibile”, e deve “essere assicurato anche un diritto all’oblio, inteso quale diritto ad una netta cesura con la precedente identità”.

    Per i giudici piemontesi non esistevano i presupposti per “un voluttuario desiderio di mutamento del nome”, e occorreva accontentarsi di “quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente”. Ma gli ermellini hanno ribaltato la sentenza, dando il beneplacito non solo ad Alexandra ma anche a tutti coloro che transitando da un genere all’altro desiderino un nome anche radicalmente diverso. Senza considerare il sollievo di chi, cambiando sesso, debba lasciarsi alle spalle un nome la cui declinazione di sesso opposto non esista, come nel caso di Marco o Graziella.

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