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Concorso OSS Puglia: Gli Idonei Di Foggia Lamentano L’assenza Di Assunzioni A Tempo Indetermianto.

Riceviamo e pubblichiamo una mail degli “Idonei OSS Foggia” relativa alle mancate assunzioni a tempo indeterminato per gli Operatori Socio Sanitario del Mega-Concorso Pugliese. Ecco cosa dicono e cosa vogliono. Gentile redazione di AssoCareNews.it, questa volta a scrivervi sono gli idonei stessi della graduatoria, ormai stanchi della modalità di gestione della graduatoria stessa, che ha portato a uno scorrimento pari a “0” della graduatoria a tempo indeterminato, ma solo incarichi Covid senza sicurezza.

La questione che vogliamo portare a conoscenza riguarda l’Asl di Foggia (ricordiamo che il concorso è stato bandito per 2445 unità), durante la fase istruttoria, oltre a riscontrare attestati Oss non validi, e titoli di carriera non validi a livello concorsuale, vi sono state rinunce all’incarico, quindi per colmare il numero dei vincitori si è proceduto a scorrimento degli ultimi collocati nella graduatoria di merito. E qui iniziano i problemi, tutte le aziende sanitarie hanno proceduto dopo assegnazione sedi ad avviare le procedure assuntive dei nuovi vincitori entro i 90 giorni da tale dichiarazione, come prevede la legge, l’Asl Foggia diversamente, asserisce che i vincitori devono essere assunti nel 2022 perché non ha fondi per mettere a bilancio queste nuove nove unità, che chiaramente sono già state messe a bilancio essendo vincitori, non idonei convocati per scorrimento e quindi rientrano nel Fabbisogno personale 2018-2021. Ma non si tratta di un tentativo isolato, nel luglio 2020 una delibera poi revocata della stessa Asl Foggiana, prevedeva l’assunzione dei vincitori in tre anni.

Come sempre nonostante un diritto acquisito la beffa, i 5 colleghi di febbraio e i 9 di aprile diventati vincitori e quindi hanno il diritto ad essere assunti entro 90 giorni, devono aspettare il prossimo anno per iniziare a lavorare e quindi mantenere le proprie famiglie, l’azienda sanitaria Foggiana cerca di imbeccare una strada che lede i diritti e la dignità delle persone vincitrici di un concorso pubblico, e un mancato rispetto della legge (ricordiamo ancora una volta che le nove unità sono già previste nel bilancio personale 2018/2021), quindi la motivazione dei mancati fondi non regge è al quanto ridicola dal nostro punto di vista. Noi siamo stanchi di queste stranezze che si stanno verificando solo in Puglia su questo concorso, per una figura in forte carenza in tutti i presidi, non solo non si procede a far scorrere la graduatoria nonostante i fondi e la crisi pandemica offrendo agli operatori contratti ridicoli, ma anche turni estenuanti a causa della forte carenza, ma ADDIRITTURA si sta negando a padri e madri di famiglia dichiarati vincitori per scorrimento di un “CONCORSO PUBBLICO” all’assunzione a tempo indeterminato entro i 90 giorni previsti. Chiediamo all’Asl di Foggia onde evitare contenziosi legali a procedere all’assunzioni delle 14 unità entro i 90 giorni previsti per legge, e alle autorità governative, presidente della regione Dott. Michele Emiliano, direttore del dipartimento della salute Dott. Vito Montanaro e al direttore generale della Asl di Foggia dott. Piazzola di intervenire affinché questo avvenga.

Il governo Pugliese, le aziende sanitarie, vantano di aver creato una graduatoria di 14000 persone per una figura quasi inesistente in un territorio cosi vasto, ma la verità che tutti i presidi sono al collasso e le unità presenti non riescono a garantire i Livelli essenziali di assistenza, quindi invece del vanto invitiamo a terminare l’assunzione dei vincitori in maniera celere da parte dell’Asl Foggia e di utilizzare la graduatoria, la guerra contro la pandemia si vince non con le parole, ma con i soldati e quelli MANCANO, quando si parla di sanità, si parla della vita dei cittadini.

Idonei OSS Foggia

Foggia, operaio 39enne di un’azienda agricola muore schiacciato da una pedana

L’uomo stava lavorando in un’azienda agricola che si trova a Carapelle, lungo la statale 79 che conduce ad Ordona, nel Foggiano

Si chiamava AntonioLeva, aveva 39 anni ed era di Sant’Agata di Puglia (Foggia) l’operaio morto questa mattina dopo essere stato schiacciato dalla pedana di un mezzo pesante all’interno di quella che un tempo era un’azienda agricola e che ora viene utilizzata come deposito di un’autofficina.

L’incidente è avvenuto questa mattina alle 9. Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, l’uomo stava effettuando delle manovre di carico e scarico di materiale quando è finito sotto la pedana del mezzo pesante rimanendo schiacciato. Inutili i tentativi di rianimarlo da parte del personale del 118.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri e i medici legali. A Carapelle sono arrivati anche i tecnici dello Spesal per verificare la posizione lavorativa della vittima.

“L’Ugl esprime il suo cordoglio alla famiglia della vittima che ha perso la vita sul posto di lavoro, siamo in presenza di un’ennesima tragedia”. Lo afferma in una nota il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone. “Nel 2018 – prosegue il sindacalista – sono state 1.133 le cosiddette ‘morti bianche’, più 104 rispetto all’anno precedente”. “Per questo – rileva – dobbiamo promuovere una maggiore cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e una formazione degli operai più adeguata, soprattutto dove il rischio di infortuni è elevato”.

“L’Ugl – conclude Capone – è in tour con ‘Lavorare per vivere’ volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sul triste fenomeno”.

Mafia, partecipò alla strage di San Marco in Lamis: arrestato dopo un anno

Ordinanza di custodia cautelare in carcere per un uomo accusato di aver partecipato al quadruplice omicidio in cui morirono il boss Romito, suo cognato e due contadini che avevano assistito alla scena


FOGGIA – I carabinieri del comando provinciale di Foggia insieme con quelli del raggruppamento operativo speciale e del comando provinciale di Bari, con l’ausilio dello squadrone eliportato carabinieri cacciatori Puglia e dell’11° reggimento Puglia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due persone di Manfredonia, a una delle quali è contestato anche di aver partecipato al quadruplice omicidio del 9 agosto 2017. La misura cautelare è stata emessa dal gip di Bari su richiesta della Dda che ha coordinato le indagini.

La strage avvenne a San Marco in Lamis, nei pressi della vecchia stazione. Era stata pianificata nei minimi dettagli: l’obiettivo dei killer era il boss Mario Luciano Romito, cinquant’anni, di Manfredonia, a capo dell’omonimo clan che negli ultimi anni si era contrapposto al clan Li Bergolis nella cosiddetta ‘faida del Gargano’. Con lui, nella vettura, c’era il cognato Matteo De Palma, che gli faceva da autista, anche lui morto all’istante sotto i colpi di un fucile d’assalto kalashnikov Ak-47 e un fucile da caccia calibro 12. I due morirono sul colpo.

Poi il commando si mise all’inseguimento del Fiorino a bordo del quale stavano tentando di fuggire due contadini, testimoni scomodi – a quanto sembra – del duplice omicidio. I due agricoltori, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, di San Marco in Lamis, rispettivamente di 47 e di 43 anni, avevano visto uccidere e capirono di essere in pericolo: tentarono la fuga, ma furono raggiunti e uccisi.

Foggia, madre e figlia di pochi mesi morte in un incidente stradale. Il marito in gravi condizioni

Uno scontro frontale sulla strada provinciale 58 che collega Manfredonia a San Giovanni Rotondo. L’uomo è stato portato all’ospedale Casa sollievo della sofferenza. Cinque feriti nell’incidente


FOGGIA – Una mamma e la sua bambina di pochi mesi, probabilmente originarie dell’Europa dell’Est, sono morte e altre cinque persone sono rimaste ferite nell’incidente stradale avvenuto lungo la strada provinciale 58 che collega Manfredonia a San Giovanni Rotondo, nel Foggiano.

Due le auto coinvolte nello scontro frontale. Un uomo, pare il marito della donna, è ricoverato in gravi condizioni nell’ospedale Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, mentre gli altri feriti non sarebbero gravi. Sul posto sono gli operatori del 118 e agenti della polstrada. Ancora da chiarire la dinamica dell’incidente.

Foggia, annullato l’incontro con scrittore ebreo al liceo. I docenti: “Qui non si fa politica”

Roberto Matatia era stato invitato per parlare di leggi razziali al liceo Fiani-Leccisotti di Torremaggiore. Ma gli insegnanti non avrebbero gradito. Il preside: “Mi dissocio dall’episodio”

FOGGIA – È polemica a Torremaggiore dopo la mancata conferma dell’invito allo scrittore ebreo faentino Roberto Matatia a parlare nel liceo classico Fiani-Leccisotti delle leggi razziali. Un invito ritirato perché – secondo quanto lo stesso scrittore ha dichiarato al sito ufficiale della Comunità ebraica di Milano – alcuni docenti della scuola foggiana avrebbero avuto da ridire sull’incontro asserendo che “a scuola non si fa politica”. “Sono stato contattato – ha raccontato Matatia al sito della Comunità ebraica di Milano – da una insegnate del liceo classico Fiani-Leccisotti di Torremaggiore, in provincia di Foggia, per andare a parlare, come faccio sempre, della mia famiglia e degli ebrei durante il fascismo, e ho accettato con entusiasmo. Dopo alcuni giorni però, non avendo più notizie, ho chiamato la docente che, con profondo imbarazzo, mi ha detto che l’iniziativa, che pure aveva ricevuto il plauso del preside, era stata rifiutata da altri docenti perché, a dir loro, “invitare a relazionare un ebreo è una scelta politica e, a scuola, non si fa politica”.

Una polemica che non esiste per il dirigente scolastico del liceo Fiani-Leccisotti, Giancarlo Lamedica che spiega che è frutto solo di un equivoco. “Mi dissocio fermamente – ha detto il dirigente scolastico – da qualunque episodio che involontariamente abbia in qualche modo offeso e strumentalizzato il notevole valore umano, storico e culturale della testimonianza e dell’impegno civile di Matatia”.

Ribadendo che si è trattato solo di un fraintendimento e che non c’è mai stata la volontà della scuola di non invitarlo, il dirigente scolastico ha ribadito di essersi sentito telefonicamente con lo scrittore e di avergli rinnovato l’invito a parlare nella scuola.

Guidava l’auto in cui venne ucciso Sandri: arrestato per una rapina in banca con ostaggi

Via Anagnina, nove del mattino. Due rapinatori armati di taglierino con il volto coperto da parrucche e occhiali da sole fanno irruzione nell’agenzia Monte Paschi di Siena e costringono un cassiere a consegnare loro 25 mila euro. Nella banda dei rapinatori c’è Marco Turchetti, amico di Gabriele Sandri. Contemporaneamente i colleghi del dipendente vengono immobilizzati con fascette di plastica (come quelle utilizzate dagli elettricisti), imbavagliati e chiusi in una stanza.

L’ALLARME
Mezz’ora dopo alla sala operativa del 113 scatta l’Sos dalla filiale. Due equipaggi delle volanti arrivano sul posto in poco tempo. I poliziotti sanno che spesso scatta l’allarme in banca e poi si rivela essere un errore. Ma in questo caso non è andata così, si sono trovati davanti solo un cassiere. Terrorizzato. Sa che nell’altra stanza ci sono i banditi con gli ostaggi, teme una sparatoria. Non dice una parola, fa solo un cenno: una smorfia che mette in allarme gli investigatori che tirano fuori le pistole. Pochi istanti e i banditi si trovano faccia a faccia con i poliziotti. Dopo una breve trattativa, i due si arrendono. Vengono liberati i dipendenti che nel frattempo erano stati fatti stendere a terra e recuperati i 25.000 euro.

Ad attenderli fuori forse un palo su una Volkswagen Polo, fuggito poi a piedi. Una mattinata di ordinaria follia quella vissuta dai dipendenti della banca, probabilmente sotto osservazione da giorni. Ma i banditi presi, sono, secondo gli investigatori, specialisti del crimine: Tiziano Martelli e Marco Turchetti, 30 e 29 anni. E proprio Turchetti, ha un passato dal sapore tragico che riguarda uno dei fatti di sangue rimasti più impressi nella memoria dell’opinione pubblica. Era lui che guidava l’auto, una Scenic, dove è morto il tifoso laziale, Gabriele Sandri 28 anni, ucciso da un colpo sparato da un poliziotto l’11 novembre del 2007 nella piazzola dell’area di servizio Badia al Pino, lungo l’A1 (all’altezza di Arezzo). Una storia durata anni di processi e che ha visto condannare Luigi Spaccarotella ad oltre nove anni per omicidio.

LA TRAGEDIA NEL 2007
L’agente, si accorse che c’erano dei tafferugli fra tifosi juventini e laziali ed ecco che esplose un colpo di pistola. Il proiettile attraversò le due carreggiate dell’autostrada e si conficcò nel collo di Gabriele Sandri mentre era seduto in auto uccidendolo dopo pochi minuti. Marco Turchetti guidava l’auto con l’amico laziale che vide morire sotto gli occhi. Soprannominato nella tifoseria laziale, Ovo fu indagato dalla polizia per avere partecipato agli scontri fra juventini e laziali nell’area di servizio. Ma dopo anni di processo fu scagionato completamente da quelle accuse. Un altro fatto drammatico, che fu la diretta conseguenza della morte del tifoso laziale, fu l’assalto alle caserme della polizia che avvenne lo stesso giorno a Roma. Verso sera, le tifoserie si ritrovarono allo stadio Olimpico e accaddero dei disordini senza precedenti. Gli ultrà distrussero il Coni mandando in frantumi le ampie vetrate e poi, armati di asce e bastoni, assaltarono la caserma della polizia Guido Reni. Non solo, assaltarono anche il commissariato Ponte Milvio.

Foggia, assalto in autostrada a due tir carichi di sigarette: la polizia mette in fuga il commando

I rapinatori hanno sparso sull’asfalto chiodi a tre punte che hanno costretto i conducenti dei tir carichi di sigarette a fermarsi. Numerosi automobilisti in transito in quel momento si sono fermati a causa dello scoppio degli pneumatici


FOGGIA – Un commando formato da cinque-sei persone, tutte armate e con i volti coperti, a bordo di due auto di grossa cilindrata, ha assaltato questa notte intorno alle 3.30 sulla A16, all’altezza di Cerignola, due mezzi pesanti carichi di sigarette.

La rapina è fallita per l’intervento di una pattuglia della Polstrada che è passata dalla carreggiata opposta a quella dove i camion carichi di sigarette erano stati bloccati. I rapinatori hanno sparso sull’asfalto chiodi a tre punte che hanno costretto i conducenti dei tir carichi di sigarette a fermarsi.

Numerosi automobilisti in transito in quel momento si sono fermati a causa dello scoppio degli pneumatici delle loro vetture. Il traffico automobilistico in quel tratto è tuttora bloccato. Non si registrano feriti. I rapinatori – a bordo di una Mercedes e di un’Audi – sono fuggiti, senza sparare. Indagini sono in corso da parte della Polizia stradal

Foggia, in guerra per la droga che arriva dall’Albania: arrestati sette del clan Perna

Le accuse a carico degli indagati sono associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), detenzione e porto di armi da sparo, tutti aggravati dal metodo mafioso


FOGGIA – Gli agenti della polizia di Stato coordinati dai magistrati della Dda – Direzione distrettuale antimafia di Bari hanno eseguito, complessivamente, sette misure restrittive nei confronti di affiliati al gruppo criminale capeggiato dal pregiudicato Girolamo Perna, attivo sul territorio di Vieste. Pesanti le accuse a carico degli indagati, i reati spaziano dall’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), detenzione e porto di armi da sparo, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Gli inquirenti hanno accertato che il gruppo armato riconducibile a Perna è coinvolto in una guerra di mafia con il clan opposto capeggiato da Marco Raduano per il controllo del traffico di droga  proveniente dalle vicine coste albanesi. Si tratterebbe del secondo atto dell’operazione che  il 21 agosto aveva portato all’arresto dei cugini Claudio e Giovanni Iannoli, di 42 e 32 anni ritenuti elementi di spicco al vertice dell’organizzazione criminale mafiosa retta appunto da Perna, ex luogotenente del boss Angelo Notarangelo, ucciso in un agguato mafioso nel gennaio 2015. Le indagini sarebbero partire proprio a seguito dell’omicidio di Gianbattista Notarangelo avvenuto nella città garganica il 6 aprile scorso.

Foggia, ha 115 anni e da 40 è iscritta al sindacato: premiata la donna più longeva d’Europa

Maria Giuseppa Robucci è stata premiata da Spi Cgil. Con lei alla cerimonia ad Apricena anche Rosa Tartaglione, che di anni ne ha 102: “Sono portabandiera dell’impegno nel mondo del lavoro”


FOGGIA – Una donna da record: Maria ha 115 anni, è una delle donne più longeve al mondo, la prima in Europa, e da 40 anni è iscritta al sindacato. Maria Giuseppa Robucci è stata premiata da Spi Cgil, sindacato dei pensionati italiani, durante il congresso della sub-lega di Apricena.

Non era l’unica: un riconoscimento c’è stato anche per Rosa Tartaglione, 102 anni, iscritta allo Spi Cgil da quando ne aveva 70. Con loro anche Michele Campagna, attuale e storico segretario della sub-lega di Apricena: “Il suo lavoro nel sindacato è un esempio per tutti, grazie al suo impegno volontario, instancabile, alla sua concreta vicinanza e assistenza gratuita a lavoratori e pensionati”, ha detto Franco Persiano, segretario generale Spi Cgil Foggia consegnando una targa.
“Oggi abbiamo voluto premiare loro, Maria Giuseppa, Rosa, Michele, perché sono i portabandiera dell’impegno prima nel mondo del lavoro poi a sostegno dei diritti di lavoratori, disoccupati e pensionati”, ha aggiunto Persiano. Premiato, inoltre, Giuseppe Rendina, segretario della Camera del lavoro di Apricena negli anni 70, storico dirigente nelle fila della Cgil per decenni e per diverse categorie di lavoratori.

Il terremoto? «Colpa degli spiriti». I migranti tentano la fuga in massa

Antiche superstizioni, una regia “occulta” e il terremoto: tre ingredienti che a Palmoli (Chieti) ieri mattina hanno dato vita al clamoroso blocco dell’unica strada di accesso al paese. Il traffico sulla provinciale è stato interrotto dai migranti presenti nelle due strutture (uno Sprar e un Cas) che si sono messi in mezzo alla strada non facendo passare alcun mezzo. A protestare erano gli ospiti dell’ex convento in gran parte donne di nazionalità nigeriana con bambini al seguito. Il motivo? La presenza di “spiriti» nella struttura: una credenza alimentata nei giorni scorsi da un gruppo di ospiti di nazionalità serba (14 persone) e rafforzata, fatalmente, dalle scosse di terremoto di giovedì sera.

Il blocco è andato in scena alle 6 del mattino: nessuna auto ha potuto lasciare il paese né entrarvi. Dopo circa due ore, l’intervento dei carabinieri dalle stazioni di San Buono, Fresagrandinaria, Celenza sul Trigno ha permesso di sgomberare l’arteria. La vicenda ha però delle zone d’ombra sulle quali il sindaco di Palmoli, Giuseppe Masciulli, cerca di accendere qualche luce. Sotto la lente c’è l’arrivo nella struttura, nei giorni scorsi, di una decina di serbi mandati qui dalla prefettura di Trieste. Non è stato rilasciato loro il passaporto e pare che questo sia stato il motivo per fomentare la protesta nata su timori e superstizioni già presenti. «Dietro il blocco – dice Masciulli – c’era la regia di questo gruppo di serbi che ha organizzato la manifestazione in modo paramilitare: hanno fatto disporre i bambini al centro e gli adulti ai lati. Loro stessi riprendevano con i propri cellulari la protesta magari sperando in qualche reazione scomposta dei miei concittadini. Con l’arrivo dei carabinieri è finito tutto». Gli ultimi ospiti arrivati in paese, quindi, avrebbero soffiato sulle superstizioni delle nigeriane a proprio vantaggio. Lo stesso primo cittadino ha denunciato i serbi per interruzione di pubblico servizio; nel pomeriggio la prefettura ha disposto l’allontanamento dal territorio di Palmoli.