Truffa e maltrattamenti, arrestati sei gestori di centri per migranti in provincia di Latina

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Strutture sovraffollate, carenze igienico-sanitarie e frode nelle pubbliche forniture: queste le accuse ai responsabili delle strutture di accoglienza straordinaria. I soldi usati anche per pagare un banchetto per il battesimo del figlio di un responsabile


Ricevevano dallo Stato circa 30 euro per ogni migrante ospitato e per assistere lo stesso migrante non ne spendevano più di due. La polizia ha scoperto a Fondi, poco meno di quarantamila abitanti nel centro-sud della provincia di Latina, una catena di illeciti utile a far intascare ai responsabili dei centri di accoglienza centinaia di migliaia di euro e che allo stesso tempo ha rappresentato un vero inferno per gli africani giunti in Italia con i barconi. Un’inchiesta che ha portato gli investigatori ad arrestare sei presidenti e soci di coop impegnate, con una ventina di strutture, nel business tra Fondi e i vicini paesi di Monte San Biagio e Lenola. “Un sistema analogo a quello emerso con Mafia Capitale”, ha sottolineato il procuratore aggiunto di Latina, Carlo Lasperanza. Condito anche di minacce agli stranieri: “Se denunciate vi faccio revocare l’accoglienza”.

Dopo le prime rivolte dei migranti a Fondi nel 2016, che richiesero un intervento in forze di poliziotti e carabinieri, il sostituto procuratore Giuseppe Miliano ha aperto un’inchiesta, convincendosi ben presto che tre onlus gestivano un affare notevole, costringendo gli stranieri ospiti a vivere in condizioni disumane. Indagini che hanno portato il gip del Tribunale di Latina, Laura Matilde Campoli, a firmare un’ordinanza di custodia cautelare, eseguita all’alba di oggi dalla polizia, con cui sono stati messi in carcere Luca Macaro, presidente della onlus “La Ginestra”, e Luigi Pannozzo, presidente della onlus “Azalea”, e ai domiciliari Paolo Giovanni De Filippis, Graziano De Luca, Erica Lombardi, tutti soci o soci occulti e finanziatori della “Azalea”, e Orlando Tucci, legale rappresentante della onlus “Philia”. Per i sei le accuse vanno dal falso alla truffa aggravata, dalla frode nelle pubbliche forniture ai maltrattamenti nei confronti dei migranti. Sequestrati inoltre dalla Polizia, nel corso del blitz, diversi documenti, 700mila euro di liquidità e i conti correnti delle coop coinvolte nell’inchiesta.

Latina, arrestati sei gestori di centri per migranti: l’accusa è di truffa e maltrattamenti

Dopo le prime proteste di un gruppo di extracomunitari ospiti in strutture gestite dalle onlus, che lamentavano ritardi continui nel pagamento del cosiddetto pocket money, quegli spiccioli dati loro quotidianamente per badare alle piccole necessità, il commissariato di Fondi e la squadra mobile di Latina hanno iniziato a ispezionare a fondo i centri impegnati nell’accoglienza dei richiedenti asilo, scoprendo delle situazioni di grave sovraffollamento e carenze sul fronte igienico-sanitario. Passando poi all’esame dei documenti presentati dai responsabili delle onlus per partecipare alle gare relative all’accoglienza, gli investigatori hanno messo a fuoco  “gravi e sistematiche violazioni nell’esecuzione degli obblighi assunti dai gestori” di tali strutture in sede di aggiudicazione degli appalti. Mancavano certificati di prevenzione incendi per gli immobili utilizzati, c’erano violazioni delle norme sulla sicurezza, con le vie di fuga chiuse dai letti occupati dagli stranieri, gravi carenze nella manutenzione degli impianti elettrici e pessime condizioni igieniche, che la polizia scientifica ha documentato con dei filmati.

La polizia ha così accertato che “La Ginestra”, nonostante non potesse ospitare più di 56 stranieri, in sede di gara aveva dichiarato che aveva il doppio dei posti, arrivando in determinati periodi a ospitare quattro volte il numero di migranti rispetto alla capienza consentita. Dalla questura hanno poi evidenziato che il presidente della onlus, pur avendo ricevuto dalla Prefettura oltre quattro milioni di euro tra gennaio 2015 e il settembre scorso, “violava le condizioni previste nella convenzione, ospitando gli stranieri in strutture sovraffollate ed in condizioni disumane”. Lo stesso Macaro si sarebbe aumentato il proprio stipendio da 1.500 euro a 5.500 euro al mese, intascando in due anni e mezzo oltre centomila euro. Il presidente avrebbe così stipulato un contratto di affitto di un immobile di proprietà dei genitori per un canone partito da tremila euro e raddoppiato in un anno e mezzo, e avrebbe di fatto gestito anche la neonata onlus “Villa Lu.Da”, alla quale, tra novembre 2016 e il dicembre scorso, avrebbe trasferito 294mila euro per “asseriti servizi di pulizia mai effettuati”.

Condotta simile quella del presidente della onlus “L’Azalea”, che si è aggiudicato una convenzione con la Prefettura di Latina per l’affidamento del servizio di accoglienza di numerosi stranieri, “dichiarando falsamente che gli stessi sarebbero stati ospitati in una struttura, risultata poi abitata da sua nonna, diversa da quella realmente utilizzata, che si rivelava realizzata abusivamente e presentava gravi carenze igienico-sanitarie”. Problemi tra l’altro analoghi sono stati riscontrati in quasi tutti gli immobili locati da Pannozzo per l’accoglienza degli stranieri. Strutture in cui mancava acqua calda, un sistema fognario adeguato, il certificato di agibilità. E tutte pesantemente sovraffollate. Secondo la Procura, il presidente sarebbe poi riuscito a distrarre a fini personali dai fondi destinati all’accoglienza anche 2500 euro, utilizzati per pagare il banchetto in occasione del battesimo del figlio. Senza alcuna comunicazione alla Prefettura, “L’Azalea” si sarebbe infine spartita la gestione dei richiedenti asilo con la onlus “Philia”. Una lunga catena di illeciti mentre i più gridavano al “pericolo nero”.

Ma l’inchiesta non è conclusa. Sempre il procuratore aggiunto ha infatti dichiarato: “Resta da capire se il mancato controllo da parte della Prefettura di Latina sia attribuibile a culpa in vigilando, a connivenza o corruttela

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