Il dilemma di Conte: tra il sostegno a Draghi e l’abbraccio a Dibba

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    Da un lato la rifondazione del movimento come forza responsabile e di governo, dall’altro la tentazione di assecondare la linea barricadera per ridare slancio a un partito in crisi. Ma per ora l’ex premier sta esattamente a metà del guado

    Ora che ha ottenuto l’elenco degli iscritti da Davide Casaleggio, Giuseppe Conte deve decidere cosa farne. Perché dopo mesi di stallo e lotte intestine, i cinque stelle sono praticamente spariti dal dibattito politico, lasciando completamente a Enrico Letta, e al Pd, il ruolo di “grillo parlante” di Mario Draghi. Più che Statuto e Codice etico, che riguardano solo il microcosmo pentastellato, l’ex avvocato del popolo dovrà spiegare agli elettori quale sarà la nuova natura politica del M5S.

    Conte al momento non sembra avere le idee chiarissime, stretto com’è tra due tentazioni: la rifondazione tarata sulla “responsabilità” e il rilancio barricadero al ritmo dei post di Alessandro Di Battista. Per il momento l’ex premier segue il copione già scritto a Palazzo Chigi: sta nel mezzo. Unico punto semi fermo: la scelta del campo progressista come terreno di gioco. Ma il ruolo rimane ancora tutto da definire. Soprattutto perché la zona del campo in cui Conte vorrebbe sgambettare è stabilmente occupata dal Partito democratico. E sarà dura guadagnarsi una maglia da titolare senza mettere in mostra altre caratteristiche. Il quasi capo politico del Movimento 5 Stelle prova comunque a farsi notare. E in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera lancia segnali al governo e sonda le reazioni dei suoi. L’ex presidente del consiglio assicura sostegno «leale» nei confronti del suo successore ma non rinuncia a mettere qualche puntino sulle i, strizzando l’occhio all’ala più intransigente del suo partito.

    «Alcune decisioni hanno scontentato i cittadini e suscitato perplessità, penso al sostegno alle imprese, ad alcuni indirizzi in materia di tutela dell’occupazione e di transizione ecologica», dice il professor Conte, puntando il dito sulle “lacune” di Mario Draghi. «Disorientamento hanno provocato anche il condono fiscale e adesso l’emarginazione dell’Autorità anticorruzione. È normale che il disagio dei cittadini si ripercuota anche sulla forza che conserva la maggioranza relativa in Parlamento», aggiunge, prima di approfittarne per difendere le scelte dell’esecutivo giallo-rosso: dal tanto bistrattato Domenico Arcuri, i 209 miliardi ottenuti dall’Europa, il prestigio internazionale.Ma alternare bastone e carota con Draghi potrebbe non bastare a Conte per garantire un futuro al suo partito, collassato – nel corpo elettorale e in quello parlamentare – proprio dopo anni di linea politica indefinita e contraddittoria. Certo, è probabile, come sostengono alcune fonti pentastellate, che il “bastone” sul governo sia destinato a diventare preponderante a partire da agosto, a semestre bianco iniziato. Sarà in quella fase, con le Amministrative alle porte e senza rischio di scioglimento anticipato delle Camere, che l’avvocato di Volturara Appula proverà ad alzare la voce con l’esecutivo per ridare un’identità definita al partito.

    Anche se non sarà sufficiente a convincere quel «ragazzo leale e appassionato» di Dibba a rientrare nel M5S per «camminare ancora insieme». Eppure Conte ci spera, lavora da tempo al ritorno dell’amatissimo figliol prodigo che mai ha osato attaccarlo da quando ha abbandonato la casa madre. Avere un Di Battista al fianco in campagna elettorale a rimovimentare una forza ingessata per il quasi capo politico è questione prioritaria, ma sbattere i pugni sul tavolo di Palazzo Chigi non basterà a ottenere il risultato. Ed è lo stesso ex deputato a ricordarlo, senza giri di parole, con un post su Facebook di risposta all’intervista dell’ex premier. «Fino a che il Movimento sosterrà questo governo io starò sempre dall’altra parte della barricata», scrive uno dei leader più amati dalla base pentastellata, ribadendo che quello Draghi è un esecutivo «a trazione Confindustria».

    La sua, quella di Dibba, non è la convinzione di un «ragazzo appassionato», come sostiene Conte, con una definizione che da sempre lo fa imbufalire, ma la consapevolezza di «un uomo che da tre anni studia notte e giorno politiche innovative, best practices, geopolitica». E in virtù di questa consapevolezza, Di Battista ripropone al quasi leader la sua visione del mondo, opposta all’idea di «austerità che, celatamente, sta tornando», scrive.«Ebbene l’austerità non si può contrastare andando a braccetto con i suoi alfieri», giusto per fare un esempio. Giuseppe Conte prende appunti. Magari farà ancora in tempo a inserire alcuni spunti nel nuovo programma da sottoporre agli iscritti. Ma se vorrà dare una vera identità al suo Movimento a un certo punto dovrà decidere se stare con Draghi o riabbracciare Dibba.